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Domenica 13 Agosto 2017 : Salita a Rif. Q. Sella m. 3585 da Gressoney la Trinitè - Relazione di Davide Biganzoli

L’aria frizzante delle sei del mattino accoglie in una soleggiata giornata estiva i quattordici partecipanti a questa escursione organizzata dal CAI di Gavirate.

E’ domenica 13 agosto 2017 ed il vociare degli escursionisti radunatisi presso il consueto luogo di ritrovo, a poche decine di metri dalla sede sociale, spezza la quiete di questa sonnecchiosa alba gaviratese. Il presidente Rodolfo, con indiscutibile efficienza, ha per tempo provveduto ad organizzare auto ed equipaggi e così, con asburgico ordine e puntualità svizzera, ci ritroviamo in viaggio per la Valle d’Aosta alla volta della nostra meta odierna: il rifugio Quintino Sella al Felik. Il viaggio scorre piacevole e l’ingresso nella Valleè, custodita dall’austero Forte di Bard, oggi museo della montagna, dà modo di scorgere all’orizzonte alcune velature che anticiperanno purtroppo l’arrivo di un fronte di aria fredda sulle Alpi. Ma tant’è, con l’uscita dall’autostrada a Pont St. Martin iniziamo a risalire i trenta chilometri della Strada Regionale 44 che ci porteranno a Gressoney la Trinitè e poi su fino ai 1.829 metri di Staffal, ultima frazione della Valle del Lys che prende il nome dall’omonimo ghiacciaio ormai in stato di avanzato ed irreversibile ritiro. Dopo la doverosa sosta caffè nell’amena frazione di Lillianes, alle otto e trenta giungiamo al culmine della valle, dove troviamo il socio ed amico Alessandro giunto da Alagna grazie agli impianti della Monterosa Ski. Calzati gli scarponi e messi gli zaini in spalla prendiamo il primo tratto di funivia che ci porta in località sant’Anna a 2.182 metri d’altitudine da dove proseguiamo su una comoda seggiovia che in una decina di minuti ci deposita ai 2.872 metri del colle di Bettaforca. Sono le 9.30 e da qui inizia la vera e propria salita al rifugio Sella. Il sentiero che seguiremo è il n.9, ben segnato con frequenti bolli gialli su pietre ed ometti: impegnativo e sassoso fin dall’inizio, sale deciso contornando sul lato orientale la Punta Bettolina, posta a nord del colle, per poi aprirsi poco oltre sulla cresta spartiacque fra le valli d’Ayas e del Lys. Malgrado le nuvole facciano lentamente capolino all’orizzonte l’avvio dell’escursione è caratterizzato dal bel tempo ed il percorso, molto panoramico, permette di ammirare ad est le cime del massiccio del Rosa fra le quali si distinguono la Piramide de Vincent e la Punta Giordani, alla cui base, su un crestone roccioso, trovano dimora i frequentatissimi rifugi Città di Mantova e Gnifetti. Dal ghiacciaio, poco sopra l’evidente traccia per il rifugio Margherita, spunta lo sperone roccioso del Balmenhorn con la caratteristica statua del Cristo delle Vette, ivi issata nel 1955 dagli Alpini della Scuola Militare di Aosta ed a seguire in successione le belle cime della Parrot, la Ludwigshohe, il Corno Nero ed infine, poco oltre, la punta Gnifetti sulla quale si staglia, a 4.554 metri, il citato rifugio Regina Margherita, ad oggi la costruzione più alta d’Europa. Di fronte a noi l’estetica Cresta dei Lyskamm sfila elegante mentre Castore e Polluce risultano ancora coperti dal roccioso crestone spartiacque che stiamo risalendo. In compenso attorno ai 3.000 metri, in corrispondenza di un tratto pianeggiante costellato da alcuni laghetti di fusione, la vista si apre improvvisamente alla nostra sinistra sull’alta valle d’Ayas. Dal nostro privilegiato punto d’osservazione possiamo ammirare l’elegante linea morenica del ghiacciaio di Verra alla base della quale spicca lo specchio color cobalto del Lago Blu. Lo sguardo segue l’elegante linea dell’alveo in cui un tempo scorreva il ghiacciaio, fino al culmine su cui sorge lo storico rifugio Mezzalama sovrastato, su uno sperone roccioso, quattrocento metri più su, dal rifugio delle guide di Ayas, punto di partenza per le classiche cime centrali del Rosa. La salita in questo scenario mozzafiato gratifica lo spirito ed il nostro gruppo di escursionisti avanza un po’ in ordine sparso senza però mai perdere nessuno di vista. Vittorio, da perfetto direttore d’escursione, veglia sui nostri passi attento ad ogni minimo segnale di pericolo o d’incertezza. Una serie di indicazioni su un masso ci conforta, se mai ce ne fosse bisogno, sulla correttezza della via che stiamo percorrendo, indicando, fra l’altro, un possibile sentiero di discesa per il ritorno, contrassegnato con il n.1, verso Staffal. L’escursione prosegue tranquilla fra sbuffi e qualche parola fino a quando, a circa 3.100 metri d’altitudine, incontriamo le prime chiazze di neve, frutto delle precipitazioni dei giorni scorsi. Poco dopo siamo ai 3.139 metri del Colle Superiore della Bettolina in corrispondenza del quale sorge la cosiddetta Capanna del Mulo, un ormai fatiscente ricovero in pietra che un tempo serviva da deposito per il rifugio, punto massimo al quale, prima dell’avvento degli elicotteri, giungevano i muli con il loro carico. Da qui in su le provviste viaggiavano negli zaini dei volonterosi portatori. Da questo luogo si stacca ad ovest il sentiero numero 8 che sale dal pian di Verra superiore in Val d’Ayas, altra possibile via per il rifugio Quintino Sella. Man mano che procediamo il sentiero, sempre ottimamente segnalato, si fa più ripido ed impegnativo, e la neve che oltre i 3.200 metri è ormai presenza costante, rende faticosa la salita. In prossimità di un piccolo pianoro una sosta permette di ricompattare il gruppo. Di fronte a noi nel frattempo il panorama si è aperto sulle restanti cime del Monte Rosa ed ora si stagliano nel cielo, ancora per poco libero dalle nuvole, le vette dei Breithorn, della Roccia Nera, del Polluce ed infine del Castore di cui il sentiero che stiamo battendo costituisce la via d’accesso privilegiata. In alto, alla nostra destra, al culmine di questa ampia dorsale di rocce e neve, fa finalmente capolino l’ometto di pietre che segna l’inizio della caratteristica cresta attrezzata che ci porterà al rifugio. Sono trascorse circa due ore dalla partenza dal colle di Bettaforca e dopo esserci un poco rifocillati, riprendiamo a salire. Alcune rocce attrezzate con staffe e gradini metallici ci permettono di guadagnare rapidamente quota e dopo ulteriori tre quarti d’ora di faticosa ed attenta salita, giungiamo all’agognato ometto ed alla corda fissa che segna l’inizio dell’estetica ed aerea cresta attrezzata che ci porterà al pianoro su cui sorge il rifugio. Siamo a quota 3.490 metri e da qui inizia la parte più delicata, ma anche più divertente ed alpinisticamente interessante, della salita: una cresta lunga alcune centinaia di metri, in alcuni tratti molto esposta, ben attrezzata con un solido canapone montato su fittoni metallici, che in condizioni di bel tempo regala un’aerea vista sulle due valli che separa. Purtroppo le nuvole hanno ormai raggiunto la quota alla quale ci troviamo e sebbene a tratti squarci si aprano sul sottostante panorama, la vista si va velocemente chiudendo in un indistinto orizzonte bianco. Dopo esserci ricompattati, procediamo con grande cautela sulla bella ed impegnativa cresta, resa ulteriormente insidiosa dalla neve compattata dai molti passaggi di escursionisti ed alpinisti in salita e discesa. Tali condizioni fanno sicuramente aumentare di almeno un grado la difficoltà della salita la quale, classificabile in EE in condizioni ottimali, oggi può tranquillamente collocarsi al limite dell’alpinismo, richiedendo precauzionalmente almeno imbrago, cordino e moschettone per far sicurezza nei passaggi più esposti. Il percorso è in saliscendi, quasi totalmente sul filo di cresta per poi spostarsi sul lato orientale dopo aver attraversato un caratteristico ed ardito ponticello in legno posto sul tratto in cui la stessa si fa più sottile. Percorso in una ventina di minuti e con molta cautela quest’ultimo tratto, un cielo ed un orizzonte lattiginosi ci accolgono ai 3.585 metri del pianoro su cui sorge il Rifugio Quintino Sella. La temperatura è decisamente fresca, siamo pochi gradi sopra lo zero, e le nuvole ormai basse ci negano il meritato spettacolo delle scintillanti vette sopra di noi. Dietro al rifugio, oltre la vecchia costruzione, ormai adibita a locale invernale, inizia dolcemente il ghiacciaio del Felik che conducendo all’omonimo passo ad oltre 4.000 metri di quota apre la via alle classiche salite al Castore ed ai Lyskamm. Dalla nebbia vediamo spuntare, sagome fluttuati a mo’ di fantasmi, le cordate che soddisfatte scendono dalle citate cime e subito rendono l’atmosfera di questo luogo allegra e frizzante fra pacche sulle spalle, commenti nelle più svariate lingue, sferragliare di piccozze ed intrecciarsi di corde. Per gli amanti delle alte vette la porta del paradiso è qui. Il mezzogiorno è passato da poco più di mezzora ed undici di noi in circa tre ore ed un quarto dalla partenza dal Colle di Bettaforca hanno raggiunto la meta. Entriamo nell’accogliente ed ampio rifugio per bere qualcosa di caldo. Il clima è rilassato, anche se la lunga marcia che ci attende per il rientro ed il previsto arrivo del fronte nuvoloso ci fanno propendere per una sosta piuttosto breve. Il tempo però a queste quote vola e fra una foto ricordo ed un panino, i saluti a Giampi e Adriano che si fermeranno qui per salire domani al Castore, passa una buona ora prima di rimetterci in moto per la discesa. Concordemente decidiamo di scendere compatti il tratto di cresta attrezzata. Le condizioni ed il meteo consigliano molta cautela ed il restare da soli non è assolutamente opportuno. Qualche breve sosta per le foto di rito su passaggi particolarmente suggestivi, e lentamente, usciti dal tratto più impegnativo, riprendiamo il sentiero verso valle. La neve, presente alle quote più alte, rende lenta anche la discesa e qualche innocuo scivolone non manca di certo. Scendendo il gruppo si ricompone nella totalità dei suoi partecipanti, Alessandro ci abbandona per raggiungere la sua Alagna, mentre alcuni hanno preferito attenderci a quote più basse a causa del freddo. Alle sedici, dopo circa due ore e trenta anche noi raggiungiamo, lungo la stessa via percorsa in salita, il colle di Bettaforca. Su una cresta poco lontano dall’arrivo della seggiovia fa improvvisamente capolino una famigliola di stambecchi, ultimo regalo della montagna in questa faticosa e bella giornata. Dopo una breve sosta al bar del colle, gli impianti ci riportano a Staffal, da dove, in ordine sparso secondo le auto, riprendiamo la via di casa: chi desideroso di tornare al più presto, chi di fermarsi per il bicchiere della staffa e chi in cerca dell’immancabile fontina valdostana. Alle nostre spalle il Rosa ci saluta celando le sue cime sotto una spessa coltre di nubi, promessa di più ampi panorami in occasione della prossima salita.

Partecipanti: Vittorio Moretti, Rodolfo Rabolini, Andrea Andreoli, Davide Biganzoli, Felice Paronelli, Davide Gazzea, Alessandro Binda, Enrico Mascioni, Nicoletta Pedon, Antonietta Leaso, Nando Sabbadin, Adriano Mancon, Patrizio Seretti della Sezione Cai di Gavirate, Gianpietro Frigo della Sezione Cai di Besozzo e David Ciapparelli della Sezione Cai di Sesto Calende.

Alcune note pratiche per eventuali futuri escursionisti: Da Gavirate a Staffal ( Gressoney la Trinitè) : 173 km Costo autostrada da Vergiate e Pont ST. Martin: 11,40 € ( alla data del 13 agosto 2013 ) Costo auto suddiviso fra i viaggiatori ( proprietario dell’auto escluso ): 25 € Costo impianti: funivia Staffal – St. Anna e seggiovia St. Anna – Colle di Bettaforca: 19 € andata e ritorno, eventuali gratuità per gruppi superiori a 20, o dopo il compimento di 80 anni !

Tempi: Colle Bettaforca – Rif. Q. Sella : 3°15’ Rif. Q. Sella – Colle Bettaforca: 2°.30’

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