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Salita al Monte Cevedale

Sabato 29 luglio la Sezione Cai di Gavirate ha organizzato la salita al Monte Cevedale, altezza 3769 m s.l.m., sul gruppo Ortles-Cevedale. Partenza alle ore 6.00 dal piazzale dell'UNES per i 13 partecipanti e arrivo presso il Rifugio Forni intorno alle ore 10.00 a circa 2100 m s.l.m. (Da S.Caterina Valfurva su strada carrozzabile a pagamento in circa 15 minuti di auto). Dopo aver sistemato l'attrezzatura e diviso il materiale tecnico tra i vari partecipanti si intraprende la comoda strada sterrata che porta al panoramico e accogliente Rifugio Pizzini (2706 m s.l.m.), tappa intermedia prima della salita finale, con dislivello di circa 500 metri. Saliamo con tempo caldo, sole e cumuli bianchi nel cielo azzurro intenso, di fronte alla grigia imponente parete sud del Gran Zebru. E’ l’ultima tappa prima del Rifugio Casati (3269 m s.l.m.) nostra meta di giornata. La salita è breve, ma illusoria perché la capanna sembra lì, a vista, ma dentro ci sono 600 m. di dislivello e i 3000 m. di quota cominciano a farsi sentire. Il percorso è via via più ripido con il sentiero che si arrampica lungo il caotico versante morenico con l’ultima vegetazione che porta al Passo Cevedale. Arrivati in prossimità del rifugio si iniziano a vedere i segni della prima guerra mondiale, lasciti delle attività militari, vecchi posti di vedetta e metri di filo spinato ormai arrugginito. Giunti al Rifugio Casati alle ore 14.30, in circa 4 ore complessive di salita, ci rifocilliamo e prendiamo posto nelle camere da 6 posti. Il tempo intanto si rannuvola. Tira vento da Ovest -Sud Ovest e la temperatura è di 10°. Il Rifugio Casati-Guasti appare un casermone di tre piani, datato, con una crepa inquietante sulla facciata che guarda il ghiacciaio molto smagrito, nerastro e crepacciato. Un’ampia terrazza sbilenca d’assito lo contorna sui tre lati che s’affacciano sul fianco occidentale della montagna lasciando intravedere il percorso di salita del giorno dopo. Dentro è confortevole e pieno di gente e la saletta dove è d’obbligo togliere gli scarponi trabocca di zaini, picozze e ramponi. Ci sono vetrinette con cimeli militari della grande guerra del secolo scorso. La salita ci ha disidratato e tè e birra in compagnia sono graditi. Approfittiamo dell’attesa della cena per pagare il conto (55,00 € di mezza pensione per Soci Cai richiesti non appena entrati in rifugio con disinvolta sfrontatezza!) e sistemarci ad un tavolo per decidere orari e composizione delle cordate per la domenica. Vengono assegnati a Vittorio, Adriano, Alessandro e Gregorio i ruoli di capocordata. Presi accordi sulle modalità di legatura e ripassati i nodi per primi, ultimi e centro cordata, verificati i ramponi si sono tirate le 18:30, ora di andare a tavola. Consumiamo con appetito una buona cena a base di pasta o minestrone, polenta e spezzatino e per concludere budino. Durante la cena decidiamo come orario di sveglia le 5.00 del mattino con colazione alle 5.30. Ci lasciano perplessi i 10 centesimi d’euro per il bicchierino di plastica a tavola e la brocca d’acqua di fusione captata dal ghiacciaio li vicino a 3,00 € per 60 cc. In alternativa, acqua in bottiglietta di plastica da 50 cc di provenienza calabra a soli 2,00 €! Alle ore 22,00, con il solito invito molto spiccio del gestore, tutti in branda (reti un po’ sfondate su castelli ballerini!). Dopo una notte insonne per molti a causa della quota, alle 5.00 suona la sveglia: è buio, brutto segno. Difatti, dopo una rapida occhiata fuori si torna in branda, diluvia... e ha tuonato e piovuto a scrosci tutta la notte! Nuovo appuntamento alle 6.00 sperando in un miglioramento delle condizioni meteo. Alle 6.00 condizioni ancora non buone, ma sembra in miglioramento, un sottile squarcio luminoso nel cielo ad ovest ci pare incoraggiante. Si decide allora di fare colazione e tenersi pronti a partire. Pane, burro e marmellata con te o caffè latte un po’ slavati, ci fanno sognare il Willy Jervis del giugno scorso. Intorno alle ore 7.20 tentiamo la salita dividendoci in quattro cordate. La partenza è dolce e si procede bene sul ghiacciaio molto sporco nella parte iniziale nonostante la presenza di ghiaccio vivo e di molti crepacci ben visibili. Arrivati a circa metà salita cala sulle cordate una nebbia che diminuisce la visibilità, intorno tutto bianco, ma siamo in grado di proseguire tranquillamente seguendo le tracce delle cordate che ci precedono. Seguiamo le morbide lunghe ondulazioni del ghiacciaio, ora bianco per la neve caduta nella notte, sino alla zona seraccata del cambio di pendio che adduce alla sovrastante cresta Ovest della montagna. Arrivati li, dopo una traversata delicata su terreno alquanto ripido e neve molle, in prossimità della crepacciata terminale (benedetta la nebbia che impedisce di accorgersi dell’esposizione!) troviamo le numerose cordate che rientrano. Erano partite prima di noi nonostante le condizioni meteo non troppo buone. Si sono così create situazioni di rischio. In particolare nel passaggio di uno degli ultimi crepacci terminali abbastanza larghi e su ponti di neve molle e cedevole, in quanto una cordata in discesa si è fermata a far passare due nostre cordate con alcuni componenti della cordata da una parte del crepaccio e altri dall'altra e facendo fermare a loro volta i componenti della seconda nostra cordata praticamente sopra il ponte del crepaccio. Fortunatamente non è successo nulla di grave, ma la tensione è stata alta. Questo episodio fa riflettere. Percorso l’ultimo tratto col pendio sempre più dolce tra roccette e filo di cresta a sbalzo sulla parete Nord della montagna, con vento teso, siamo giunti in vetta con la visibilità intorno a noi praticamente pari a zero. Dopo le foto di rito presso la croce di vetta iniziamo la discesa proprio nel momento in cui le nuvole iniziano a diradarsi. La vista è meravigliosa e ci accompagnerà fino alla fine della progressione sul ghiacciaio che si concluderà al Rifugio Casati, nostro punto di partenza. Il tempo di mangiare mezzo panino e una barretta, ricompattare il gruppo e sistemare le attrezzature negli zaini e si prosegue verso valle con una breve pausa a metà strada al Rifugio Pizzini. Da li alcuni di noi optano, in alternativa alla strada sterrata, per il sentiero panoramico che prima dolcemente in falsopiano tra prati bucolici e vacche al pascolo attraversa una vecchia caserma militare diroccata con trincee e postazioni, poi precipita bruscamente sul piazzale dei Forni da dove siamo partiti il giorno prima. Intorno alle 16.00, dopo circa 3 ore di cammino siamo alla macchina. Una breve rinfrescata nell’acqua gelida e ristoratrice del torrente e via verso casa dove arriviamo alle 21.15.

Nel complesso la salita è stata molto bella seppur impegnativa e non banale, i paesaggi davvero stupendi e mozzafiato e ovviamente la compagnia sempre ottima. 

[Un giovane capocordata]

 

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